giovedì 22 gennaio 2015

Liste

- Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse (uno dei primi amori)
- Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez (in rappresentanza del mio periodo sudamericano)
- I Miserabili di Victor Hugo (ah, la Révolution!)

- Full of life di John Fante (unico punto di incontro letterario tra me e mi' marito, su tutto il resto siamo due rette parallele: non ci si incrocia, per ora)

- Q di Luther Blissett (tappa importante, da qui sono partite molte riflessioni e un progetto che continua ancora oggi. Diciamo che mi ha fatto crescere, sotto vari aspetti)

- Trilogia del BarLume di Marco Malvaldi (c'è un legame con mia mamma e, indirettamente, anche con mio babbo)

- Amianto, una storia operaia di Alberto Prunetti (da non leggere in luoghi pubblici ma rigorosamente da soli, in casa. La rabbia che ti monta è talmente tanta che rischi di prendere a pugni qualcuno. O di metterti a piangere nella sala d'aspetto del dottore, piena di gente. Si, m'è successo)

- La profezia dell'Armadillo di ZeroCalcare (niente discussioni: il fumetto NON è letteratura di serie b! Quindi è nella mia lista)

- Il derby del bambino morto di Valerio Marchi (ok, non è un romanzo ma da Marchi c'è sempre e ancora da imparare)

- Una stagione selvaggia di Joe R. Lansdale (in rappresentanza di tutto Lansdale, che sto leggendo ora. Ecco, se potessi scegliere, è così che vorrei scrivere)

giovedì 8 gennaio 2015

Un po' di Roma


Bombe a Roma. Un'esplosione e quattro allarmi di cui uno rivelatosi fondato, poi disinnescato. Il botto che ho sentito questa mattina era un tuono? Da ragazza di paese quale sono, vado dritta nell'unico posto in cui posso trovare delle risposte, l'unico posto in cui l'attualità tiene banco e il dibattito è sempre aperto: il bar. Ordino un caffè, tendo l'orecchio e "Ao', ma te com'o vedi un ritorno de fiamma de Vucinic?". Ecco, sono arrivata tardi: il bar è troppo avanti. Al bar, twitter je spiccia casa.


Portarsi il telefono all'orecchio, quindi stare col braccio piegato, quindi gocciolare dall'incavo del gomito. Dal caldo. Salire sull'autobus, continuare ingenuamente a telefonare, accorgersi di non poter più riportare il braccio alla sua posizione originaria. Dal freddo. E dalla paresi istantanea che t'ha causato l'aria condizionata. Roma te odio, te e tutti li mortacci tua.


Dopo tre mesi a Roma le persone iniziano a chiedermi informazioni stradali. Ora, a scanso di equivoci, scrivo qui le mie uniche conoscenze (utili?) a riguardo:
- da Termini ai Parioli non c'è la metro. Non je serve, ai pariolini, la metro: c'hanno il suv.
- quindi, per andare da Termini ai Parioli, devi prendere l'autobus: il 360. Mai troppo affollato ma molto creativo negli orari, cioè non passa mai. Credo per non essere d'intralcio ai suddetti suv.
- una volta arrivato, se devi stare tutto il giorno ai Parioli, devi risolvere il problema del cibo. Non ci sono supermercati. Non je servono, ai pariolini, i supermercati: c'hanno la colf. E il suv. L'unico bar economicamente abbordabile è quello sotto l'accademia (di arte drammatica). Purtroppo è pieno zeppo di chiassosi aspiranti attori, radical chic e hipster di merda. Quindi o diventi temporaneamente sordo o te porti 'n panino.
- per andartene dai Parioli e tornare tra i comuni mortali puoi snobbare (lo snobismo è una malattia, pariolini e aspiranti attori possono essere molto contagiosi) il 360. Alternativa: ti piazzi su viale Liegi o su viale Regina Margherita e aspetti il 910, o il 217, o il 19, o il 3, o il principe azzurro. Te la svolterebbe parecchio con quel suo cavallo bianco.
- Termini/Tor Bella Monaca (ao' me dispiace, io vado la), da capolinea a capolinea. 105 è il tuo uomo: affidabile (c'è sempre), coraggioso (ti porta via dal centro per condurti nella periferia più selvaggia), affascinante (ti porta via dal centro per condurti nella periferia più selvaggia/2). Insomma il 105 è meglio del principe azzurro. Alternative: metro+507. C'ho provato una volta. Una sera, stanca della routine, ho tradito il 105. Inizio idilliaco, in metro, seguito da bruciante disillusione. Il 507 è fuffa.
Ecco, è tutto. Non è molto ma bisogna tenere conto di due fattori determinanti:
1- sto a Roma solo 3 giorni a settimana (più precisamente 2 giorni e mezzo)
2- so' de Arcevia (più precisamente de Avacelli)


Pensavo di arrivare a Termini e trovare l'inferno, visto che Barack è in città. Invece il 360 passa. Mi accontenterei, giuro. Salgo. Il conducente risponde, gentile e sorridente, alla mia domanda: "Scusi, è possibile arrivare fino a via Guido D'Arezzo? Visto che l'ambasciata è lì vicino, magari ci sono deviazioni?". "Ce proviamo signori'" e mi risorride. Roma 1 - Raffa 0. Partiamo. Piove, ma sembra non influire sul traffico. E' proprio una strana giornata. Proseguiamo senza intoppi, il conducente fischietta e canticchia. Ok, inizio a insospettirmi. Mi guardo intorno in cerca di nonsobenecosa e lo noto: l'autista non ha la divisa da autista! Omiodio non è un vero autista! Comunque arrivo in via Guido D'Arezzo e scendo. Conducente 1 - Barack 0.


L'autista del 105 non ama più sua moglie. Non ha un'altra donna, dice. Semplicemente non la ama più. L'ha ripetuto per tutto il tragitto Tor Bella Monaca - Termini, direi che è abbastanza convinto. Ah, io sono in ritardo ma il mio è un problema secondario.